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Autostrade: sarebbe il momento giusto per fare pagare meno le moto

Ricavi alle stelle per le concessionarie... che invece rischiano zero

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Si chiama rischio d’impresa: metti soldi in un’attività, ti esponi con le banche, e se ti va bene guadagni; altrimenti, fai flop. In teoria, lo stesso rischio dovrebbero correrlo le concessionarie autostradali, che prendono in gestione parte della rete di proprietà dello Stato. Ma a quanto pare così non è: i ricavi sono sicuri, il rischio non c’è. Se il traffico sale (ma non è il caso con la crisi), le concessionarie possono alzare i pedaggi: l’asfalto si rovina e serve manutenzione. Se invece il traffico diminuisce (con la crisi) i pedaggi aumentano per compensare le perdite. Altro che rischio d’impresa. Il tutto con concessioni lunghissime, una bebele di contratti per i gestori che consente loro vantaggi enormi.


Sentite Andrea Camanzi, il presidente della nuova Autorità di Regolazione dei Trasporti, nella sua relazione sul primo rapporto annuale dell’authority: “Il settore è caratterizzato da una elevata e stabile redditività operativa con margini operativi (Ebitda) che nel 2012 non sono mai risultati inferiori al 20% per tutti i concessionari, e in alcuni casi prossimi al 60%, ed un utile operativo (EBbit) anch’esso mediamente pari al 20%, con concessionari che presentano una redditività assai elevata (superiore al 40%). Unica eccezione è la concessionaria Raccordo Valle D’Aosta Spa che ha presentato un risultato di esercizio negativo nel 2012”.


Nel complesso, si hanno ricavi pari a 6,53 miliardi di euro, di cui circa 1,73 miliardi (oltre il 25%) sono stati girati allo Stato tra Iva (596 milioni) e canone Anas (1,132 miliardi): è il sovrapprezzo sulla tariffa utilizzato dallo Stato per la manutenzione delle reti non a pedaggio. I rimanenti 4,805 miliardi sono andati alle concessionarie. Così, per chilometro di autostrada in Italia, i gesori si pappano la bellezza di 1,15 milioni di euro di ricavi all’anno (300.000 euro allo Stato e 850.000 euro alle concessionarie). Ai ricavi da pedaggio vanno aggiunti i ricavi da subconcessioni e da altre attività che le concessionarie autostradali incassano e di cui una parte (compresa tra il 2% e il 20%) viene girata allo Stato.


Si è assistito a un aumento dei ricavi pari al 270%, passando da 2,5 miliardi di euro nel 1993 a 6,5 miliardi nel 2012, con picchi di crescita superiori al 7% nel 2003 e 2010-2011. L’aumento dei ricavi osservato in passato è stato interrotto nel 2012, anno in cui si è registrata una contrazione del 3,17% circa, passando da 6,747 miliardi di euro nel 2011 a 6,533 miliardi del 2012. La diminuzione è, per buona parte, attribuibile alla crisi del traffico autostradale fortemente connessa alla congiuntura economica degli ultimi anni.


È il momento giusto, c’è il clima politico giusto, per innovare il settore: da anni, si assiste a una grave ingiustizia nei contronti delle moto, che pagano pedaggi elevatissimi, alla pari delle auto. Ricordiamo che l’Italia è uno dei pochi Paesi europei a non differenziare il pedaggio autostradale tra auto e moto. In passato, il Coordinamento italiano motociclisti ha lanciato una petizione per spingere a modificare questa intollerabile situazione di fatto, chiedendo una riduzione del 50% dei pedaggi per le moto: “Le motivazioni della nostra richiesta di riduzione delle tariffe sono sempre le stesse: i motoveicoli, oltre a ricevere un livello di servizio inferiore rispetto agli altri veicoli, comportano una usura inferiore del manto stradale e un minore impatto ambientale”. Verissimo. Tanto i ricavi per i gestori sono altissimi, e questa modifica inciderebbe pochissimo sulle loro entrate.

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